Mentre Renzi con mossa da maestro porterà a Roma in Parlamento tantissimi sindaci - lo ha annunciato stamane a Rimini - e D’Alema chiama a raccolta le legioni veramente quadrate di Arci e CGIL, noi ci rivolgiamo a Cuperlo unico vero grande avversario di Renzi ad aver capito che non poteva schierarsi contro il referendum. Lo facciamo perché in alcuni uomini l’onestà intellettuale, l’idealità e la profondità di pensiero possono far premio sullo schieramento.
Gianni Cuperlo merita stima e rispetto. Non lo conosco ma la sua percezione del Paese vibra in modo corretto. E tuttavia sbaglia quando - intervistato ieri da Bertini della Stampa, afferma riferendosi alla sconfitta del 4 dicembre:«Quella bocciatura ha liquidato una riforma, una stagione, una classe dirigente…»
La sconfitta referendaria infatti non liquida una proposta e non liquida una classe dirigente.
Perché quella riforma resta e rimane necessaria. Senza quella riforma cento euro butti in investimenti in Italia e zero te ne ritornano in produttività.
Negarlo è da stupidi e da lui non ce lo aspettiamo.
Come leader non può guardare all’appuntamento della storia con un cambiamento profondissimo della nostra organizzazione sociale, e politica, e voltarsi dall’altra parte come se il problema non esistesse.
Anche nel divampare dei dissidi interni sulla riforma ho sempre creduto in Cuperlo e, per ciò che vale, gli ho scritto diverse volte in commenti e quant’altro, - come facciamo tutti noi ormai - pregandolo di restare, di non voltare le spalle al progetto renziano. E continuo a ribadirlo.
Quando il Paese avrà aggiustato le proprie ossa e potrà rimettersi in cammino uomini come lui saranno fondamentali per farlo procedere nel segno di un’inclusione che non lasci indietro nessuno. Non ci molli adesso, non insegua la chimera di una negazione dell’evidente necessità di riforme strutturali a cui gli interpreti della sinistra tradizionale in Italia stanno sacrificando la sopravvivenza di quel filo e di quella continuità.
Cuperlo nell’intervista alla Stampa delinea il programma del PD per come si è declinato negli anni dei DS e del PDS:
«Al paese dobbiamo dire poche cose: - dice Cuperlo - che al centro mettiamo la lotta a diseguaglianze indecenti, che investiremo su scuola e formazione come mai è stato fatto, che si deve ridurre il costo del lavoro e che far pagare di più chi ha di più non è una bestemmia ma una forma di giustizia»
E dunque sostegno alla grande industria e alle aristocrazie operaie con abbassamento di tasse e oneri sugli stipendi, sostegno agli statali ma sopratutto agli insegnanti, assistenzialismo e tasse patrimoniali svincolate dai redditi, puntando a incornare i non garantiti.
Ricetta sbagliata non tanto per ciò che fa ma per ciò che non fa: affrontare i nodi della produttività troppo bassa del Paese.
Gianni Cuperlo si presenta campione di una lettura opportunistica del disastro mirata a capitalizzare e consolidare i settori tradizionali del bacino elettorale PD senza dirci nulla su come portare fuori l’Italia dall’immane casino in cui si trova.
Monica Montanari
Documenti
Carlo Bertini, «Cuperlo: “Non si può votare senza legge condivisa Per il Pd un leader unitario”», La Stampa, 27 gennaio 2017Ti è piaciuto l'articolo?
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