Ridi ridi amico del “no” lo avevano detto e lo hanno fatto: niente sconti all’Italia del “no”. L’Europa secondo alcuni si appresta a chiedere all’Italia 3 miliardi di tagli o tasse. Ma non è frutto della politica di Renzi.
Troppo comodo addossare a Renzi le conseguenze del disastro provocato dal successo del no al recente referendum costituzionale: la mancata riforma del Paese e la scomparsa di qualsiasi ipotesi di riforma, perché come si vede i politici del “no” non solo non stanno facendo alcuna riforma costituzionale ma nemmeno riescono a fare una proposta di legge elettorale!
Eppure il Fatto quotidiano - e di certo lo imiteranno in queste ore l’Huffington Post, la Berlinguer, la Gruber & Co. - prova a spararla grossa.
Addossano a Renzi la colpa dopo aver ironizzato su chi ammoniva che il fallimento del referendum l’Italia non se lo poteva permettere: “allarmisti!”, “apocalittici!”
Lo sapevamo e ve lo avevamo detto: non ci sarebbe stato in Europa nemmeno un po’ di comprensione per un Paese che avendone l’occasione e la necessità rifiuta di riformarsi sulla via della governance e della capacità amministrativa.
Ora dunque sono in arrivo 3 miliardi di nuove tasse o nuovi tagli. Ringraziamo sentitamente quelli del “no”… Grazie… Ma anche meno…
In realtà ancora l’Europa non ha chiesto altro che chiarimenti per il momento, chiarimenti che riguardano appunto una cifra complessiva di tre miliardi.
Dopo aver sospeso il giudizio in attesa di vedere il risultato del Referendum ora la UE chiama a rapporto il Governo per sapere che ne è della nostra crescita, della nostra riforma, a cosa serve appunto concederci margini di bilancio se alla fine restiamo un Paese fermo e incapace di rimetterci in cammino.
Se gli incontri nei prossimi giorni non riusciranno a convincere gli europei che l’Italia comunque sta uscendo dalle secche della inamovibilità e dell’inefficienza, rischiamo nuove tasse e o una procedura di infrazione.
A chi pensa di risolvere uscendo dall’Europa, diciamo fin d’ora - a scanso di future recriminazioni - che né le aziende titolate in borsa, né i titoli di Stato, né le nostre banche riuscirebbero a reggere l’impatto speculativo di una nostra uscita dall’Euro. Uscirebbero a pezzi, deprezzati con riduzione a carta straccia dei nostri risparmi e chiusure a catena di imprese e industrie con enormi perdite di posti di lavoro.
Noi non siamo l’Inghilterra.
Il “Sì” al referendum serviva appunto a cercare di diventarlo.
Aggiornamento delle ore 19,15
Lagard del FMI abbassa le stime di crescita sull'Italia. Il Tg3 trasmette un'intervista a Giancarlo Padoan ministro italiano dell'economia che INCREDIBILMENTE non cita la vittoria del "No" tra le cause della previsione pessimista del Fondo monetario riguardo all'Italia.
Il FMI infatti giustifica il pessimismo sull'Italia con la prospettiva di instabilità politica - ovviamente aperta dalla vitttoria del "No" con la sua bocciatura alla riforma nel senso della governabilità del Paese.
Invitato a interpretare la valutazione del FMI sulla "instabilità" politica dell'Italia per giustificare il pessimismo, cita anzi il referendum tra gli elementi che avrebbero dovuto indurre la il Fondo a non variare le stime in peggio.
Ora Padoan, detto in amicizia sarà un gran ministro dell'Economia ma la comunicazione proprio non gli riesce!!! O non ha capito chi ha vinto al referendum costituzionale?!
Guardi Ministro che l'FMI l'aveva detto bello chiaro che se vinceva il "no" erano dolori: La Stampa
Monica Montanari
Per informarsi meglio:
AAVV, «In arrivo lettera della Commissione Ue per chiarimenti sul debito italiano», La Stampa, 16 gennaio 2017Ti è piaciuto l'articolo?
Nessun commento:
Posta un commento