Non credete che sia stata colpa del “No” al referendum?
Ecco la prova. Lo spread si impenna la sera stessa del giorno in cui la Sentenza proporzionalista della Corte Costituzionale recepisce i risultati del referendum di dicembre e modifica l’Italicum.
Grazie ancora sentitamente grazie, amici del “NO”.
Non possiamo non chiederci a questo punto perché Grillo abbia voluto combattere contro una riforma e una legge elettorale che lo avrebbe fatto prevalere - l’Italicum - per andare a ficcarsi e ficcare l’Italia in questo immane casino in cui vincere alle elezioni sarà un’impresa ai limiti dell’impossibile. Già, perché?
Sapete cosa? L’eccentricità non è una buona chiave per spiegare le strategie. Non bisogna credere nella “bizzarria” come categoria dell’analisi politica.
Se Beppe Grillo ha scelto di andare contro una legge che lo avrebbe fatto vincere doveva avere dei motivi. E questi motivi ci portano a credere che presto il movimento di Grillo subirà una scissione.
La scissione interna del Movimento Cinque Stelle è straordinariamente coerente con il suo “No” all’Italicum e alla riforma. Non credete?
Entrambi - il no all’Italicum e un’eventuale scissione dei 5 Stelle - fanno l’interesse di D’Alema.
Sì, proprio quel Massimo D’Alema che annunciò di votare Virginia Raggi invece di Roberto Giachetti a sindaco di Roma. Quel D’Alema che pregava il fido Tomaso Montanari di entrare nella giunta grillina. Eh sì!
Chissà, se nella guerra aperta ai socialisti di Bettino Craxi, prima, e nelle tante serate fatte da Grillo giovane nelle feste dell’Unità non sia maturato un piano per sottrarre voti alla destra.
Peccato che il risultato sarà catastrofico per l’Italia.
Ecco l’ultima esternazione di Grillo nel suo Blog riferendosi a coloro che abbandonano il suo movimento:
«Ognuno di loro si è ancorato alla sua poltrona e al suo stipendio fregandosene di essere stato eletto con un simbolo e un programma che hanno tradito e senza il quale non sarebbero mai arrivati dove sono. Il Movimento 5 Stelle senza queste zavorre può solo fare meglio. L'unico modo per eliminare l' “effetto cadrega” è il vincolo di mandato. Chi tradisce gli elettori e non è più d'accordo con il programma per il quale è stato eletto, se ne torna a casa e lascia spazio al primo dei non eletti.»
In filigrana dietro questo irrigidimento sulla necessità di imporre il vincolo di mandato c’è l’attacco a una componente intera della formazione di Grillo, quella contraria alla robotizzazione dei portavoce; c’è la voglia di dividere.
L’unica chance comunque voi la pensiate, l’ultimo lumicino di speranza per l'Italia, è dunque che la gente del “no” e la gente del “sì” capiscano che alle prossime elezioni si deve dare il voto ai due partiti che hanno maggiori possibilità di vincere. E, se dunque il M5S dovesse dividersi, quelli del “no” votino compatti per la componente maggiore dei Cinque Stelle mentre chi non vuole Grillo voti per il PD di Renzi.
Grillo e Renzi possono non piacere, ma non si può voler bloccare la democrazia per impedire loro di vincere.
Bisogna essere fiduciosi perché nella visione dalemiana - quella delle scissioni come utili al pieno ritorno di una logica lottizzatrice, consociativa e proporzionalista del Paese - manca il sentimento di ciò che “arriva” ai cittadini.
Per quanto monchi di alcune componenti, agli occhi degli elettori i 5 stelle continueranno a restare la stella polare della protesta. E altrettanto: per quanto monco di leve e personaggi della tradizione, il PD di Renzi resterà la stella polare dell’Italia del Sì.
Grillo vs Renzi. Per gli altri non c’è partita.
Monica Montanari
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