È da ieri che senza dirlo esplicitamente si dibatte su questo perché dalla configurazione dei collegi può dipendere una svolta in senso maggioritario della legge elettorale pur senza toccare l’Italicum. Creare collegi piccoli infatti metterebbe i piccoli partiti del tutto fuori gioco. Ora spiegherò perché.
I collegi elettorali sono attualmente determinati con decreto del Governo dell’agosto 2015 n.185: 100 collegi totali, ciascuno con la dimensione circa di una provincia. Modificare ora il decreto collegi, mettervi mano, appare cosa più facile che riaprire i giochi sulla legge elettorale dove gli aspetti concatenati interni complicano la possibilità di trovare accordi.
Perché è così importante.
Modificare il decreto attuativo mantenendone la plurinominalità ma riducendo di molto l’ampiezza dei collegi - poniamo creando piccoli collegi dove si possano eleggere due deputati - in pratica cambierebbe gli effetti dell’Italicum oggi in vigore per come emendato dalla Consulta.
L’Italicum prevede infatti un minimo di 100 collegi ma non impedisce di crearne un numero maggiore e di minor dimensione. Se - poniamo - si adottassero collegi dove si possono eleggere due deputati ciascuno, è facile immaginare che verrebbero eletti ovunque i deputati dei maggiori partiti lasciando pochissime chance ai più piccoli.
Ecco che cambierebbe totalmente l’assetto dell’emiciclo presentato ieri dal Corriere della Cera in un’infografica dove nessuna maggioranza uscirebbe dall’Italicum modificato dalla Consulta. Ecco che le previsioni pessimiste di Roberto D’Alimonte sulla possibilità della legge di dare una maggioranza al Paese verrebbero sovvertite.
Un blitz concordato tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle per modificare il decreto attuativo dell’Italicum n.185 del 2015, imprimerebbe alla legge, pur senza modificarla un grande potere maggioritario rendendo accessibile al partito vincente l’agognata soglia del 40% su base nazionale cui resta ancorata la conquista del premio di maggioranza.
Un’altra conseguenza della riduzione della dimensione dei collegi, sarebbe l’aumento dei capilista a disposizione della scelta dei capipartito e dunque molti di più sarebbero i parlarmenetari scelti dalle segreterie. È un aspetto importante nello psicodramma interno del Partito Democratico. In questo quadro si spiegano le dichiarazioni di Romano Prodi ieri in un’intervista al Corriere della Sera con l’accorata richiesta di un ritorno al collegio uninominale:
«Con i partiti di oggi, quel sistema non può che aumentare la frammentazione. Io mi oriento verso il maggioritario uninominale, con collegi molto piccoli — si smarca Prodi, rilanciando il Mattarellum —. Tu non puoi mandare in un collegio uno che valga poco, perché lo perdi. Ci devi mettere gente di livello e così aiuti la classe dirigente a formarsi.»
Purtroppo, il ritorno all’uninominale è impossibile senza cambiare legge elettorale e per instaurare collegi uninominali non basterebbe la semplice modifica del decreto 185 del 2015. E allora? Allora il richiamo di Prodi a favore del collegio uninominale - invocato perché maggiormente capace di selezionare una classe politica migliore - suona in realtà come altolà alla modifica del “decreto collegi” dell’Italicum.
Intendiamoci il Matterellum è largamente preferibile a questo Italicum modificato ma ove non sia possibile ottenerlo, c’è la via della modifica del decreto attuativo.
Monica Montanari
Fonti e documenti
Monica Guerzoni, «Prodi: siamo messi male se io sono il Messia. I giovani? Una delusione », Corriere della Sera, 27 gennaio 2015Alessandro Di Matteo, «I sondaggisti sono d’accordo: con questa legge elettorale una maggioranza è impossibile», La Stampa, 26/01/2017
Renato Benedetto, «Italicum, se si votasse oggi sarebbe una Camera senza vincitori», Corriere della Sera, 26 gennaio 2017
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