Non solo Salvini e Santanché, il vero sciacallo si nasconde nell’ombra.
Le polemiche sul terremoto passeranno di grado.
Imprenditori e agricoltori con il bestiame da proteggere, ancora asserragliati nei camper e assediati dalla neve, anziani costretti a dormire nelle tensostrutture da mesi con enormi disagi per la mancanza di privacy, le difficoltà di gestire i servizi igienici in comune con neve alta e freddo proibitivo.
Il lamento sale dalla zona piagata da quattro terremoti, da nevicate epocali e slavine. E sempre di più succederà perché la neve e il ripetersi delle scosse rallenta i lavori di ricostruzione. Il disgelo con il rischio allagamenti già si profila mentre già la Commissione Grandi Rischi mette in guardia sul pericolo che salti l’ultimo pezzo di faglia tra il reatino e l’Aquila mettendo a rischio la diga di Campotosto. E alla parola diga prendono corpo incubi purtroppo già divenuti realtà nel nostro passato.
In questo quadro aumenteranno i cittadini disposti a protestare a beneficio di telecamera e più ci si allontanerà dagli eventi drammatici di questi giorni, più le polemiche prenderanno quota.
Per sfuggire all’accusa di sciacallaggio il metodo annunciato sarà quello della claque organizzata sul modello Mario Marchi di Retequattro, il giornalista del fuorionda rivelato da Striscia la Notizia dove si orchestravano le proteste dei risparmiatori contro il Viceministro Enrico Zanetti.
Il copione è già scritto ma nessuno ne denuncia la miseria perché nessuno è senza peccato, nessuna testata giornalistica, nessuna forza politica.
La Seconda Repubblica ha infatti un atto costitutivo ben presente nei ricordi di tutti: le monetine lanciate contro Bettino Craxi davanti all’Hotel Raphael. Se esiste una grundnorm kelseniana, un evento fondativo per questi sciagurati venticinque anni è appunto il linciaggio mediatico inscenato a furor di popolo a beneficio di un obbiettivo. Fu Samarcanda di Santoro alla fine degli anni ’80 a inventare il format, mandando in scena il popolo schierato come ballerine di fila con al centro una giornalista microfonata. Da allora quel linguaggio fu subito adottato a fini politici.
Il sistema verrà utilizzato per far dimenticare l’enormità dell’area coinvolta dai disastri sismici del Centro Italia - circa 1200 chilometri quadrati pari all’estensione di una provincia media italiana - , lo "stop and go" dei lavori di ristrutturazione causato dall’irrompere di ben tre emergenze successive alla prima - terremoti del 24 agosto, 26 ottobre, 30 ottobre, nel 2016 e del 18 gennaio del 2017 - , la quantità di neve caduta con precedenti solo negli anni '50. (Aggiornamento del 23 gennaio: secondo la Protezione Civile da accertamente risultano inagibili il 40% degli edifici dell'intera zona coinvolta dai terremoti da agosto in poi. Si veda il Corriere della Sera).
Dover mollare pala e piccone per soccorre e scavare perché subentra un altro terremoto non ha aiutato a rispettare il cronoprogramma, così come tre metri di neve hanno paralizzato i lavori edili. Parrebbe scontato comprenderlo, ma questa ovvietà sarà sommersa dagli sciacalli a costo zero, da quelli che si trincerano dietro il dolore comprensibilissimo dei cittadini contribuendo ad accentuarne il senso di precarietà e l’esasperazione.
Ciò che questa forma di lotta politica pare incapace di capire è che un’area così vasta, martoriata dalla perdita di una capitale come L’Aquila, sottoposta fin da allora ad anni e anni di scosse sismiche deve uscire dalla psicologia d’urto, deve entrare nell’ottica di soluzioni non più emergenziali ponendo seriamente il quesito di come queste persone possano ricostruirsi una vita sulla costa mentre correranno gli anni del lento rimarginarsi e rinascere della civiltà nei paesi dell’Appennino.
Monica Montanari
Fonti e documenti
Elena Dusi, «Terremoto, la commissione Grandi rischi», Repubblica.it, 22 gennaio 2017Mariano Maugeri, «Nella faglia di Campotosto, al capezzale della diga», Il Sole24 ore, 18 gennaio 2017
«"Dalla vostra parte”, il fuorionda da Striscia la Notizia», Corriere.it, 17 gennaio 2017
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