Ci sono persone come me per le quali la partecipazione al PD è discontinua e si concretizza quando il PD convince.
Forse per questo il fuoriuscitismo e il sinistrismo per cui molti si strappano i capelli andrebbe valutato in prospettiva nel segno dell’affetto per una storia e un progetto.
Non si può credere che interpreti come D’Alema compromettano un disegno riformista che è sempre stato il loro e lo facciano in nome della visione proprietaria del partito.
Se da fondatori del nuovo PD daremo modo agli scettici di ricredersi, lo faranno.
Perché l’occasione di far bene, molto bene, c’è, anche se ci siamo bruciati la carta del cambiamento delle regole. Stiamo vivendo un momento irripetibile, del tutto inedito a memoria della generazione dei cinquantenni e forse anche oltre. Dobbiamo inventarci un partito, ovvero mettere in prospettiva ogni scelta politica concreta domandandoci quale visione del mondo e quali criteri di giustizia essa realizzi.
È questa una profondità di campo del tutto inedita.
Mancava perfino nei partiti ideologici della prima Repubblica se si esclude la Dc fanfaniana che creò il sistema sanitario nazionale e mise la mordicchia a Confindustria, mancava sicuramente al PSI e perfino al PCI le cui linee prospettiche definite una volta per tutte nella cornice gramsciana si riducevano a parole d’ordine e riflessi pavloviani.
Oggi no, se si valuta se privatizzare una ASP, una residenza protetta per anziani non autosufficienti, siamo chiamati a decidere qualcosa di più del risparmio, della capacità di quel Comune di gestire bene l’assistenza, della qualità del servizio che la tal cooperativa saprà fornire, della perdita di garanzia per i lavoratori che passeranno a rispondere alla gestione aziendale.
Siamo chiamati a stabilire delle linee guida, a ipotizzare criteri valevoli per il futuro tali da concorrere alla linea del futuro PD.
Insomma per la prima volta dopo decenni le nostre scelte sono chiamate ad avere prospettiva e profondità di campo, avere visione e creatività.
Riuscire in termini di privatizzazioni a unire lo stop di Orfini con le esigenze contabili di Padoan. Nella consapevolezza che esse privatizzazioni di diffonderanno in tutti settori perfino in quello dell’istruzione tanto più i blocchi corporativi non consentiranno di gestire i servizi statali con efficienza virtuosa sotto il profilo contabile e di qualità rispetto ai parametri degli utenti.
Dobbiamo chiamare i sindacati a essere consapevoli di questa alternativa secca, dobbiamo definire nuovi target. Tutto questo va ricordato per dare la misura dello sfondamento prospettico aperto da Renzi attraverso la battaglia referendaria.
Bene ha detto Marco Minniti al Lingotto in riferimento al nostro segretario che è un “sognatore” utilizzando un termine che fino a ieri era impiegato per denigrare il politico che volava “alto - troppo alto” .
Minniti ha dato nuovo corso a questo aspetto della politica, riconoscendo appunto ciò che è avvenuto nel Paese e nelle coscienze nei sei mesi di campagna referendaria: il più grande corso di educazione civica di massa mai visto, con migliaia di italiani presi a interrogarsi su quale futuro e quale Paese. Per questo oggi Matteo Renzi non può non dare risposte su questo piano: quale futuro e quale paese. Per questo a tutti livelli, anche i compagni zeta, come sono anche io, possono vivere la politica nel suo aspetto creativo più esaltante.
È per questo che il mio piccolo circolo di Neviano Arduini si è presentato all’80 per cento dei suoi membri a votare per il congresso nel recente appuntamento di Langhirano, per questo, coesi, hanno dato una maggioranza del’80% a Renzi. Per questo con una linearità e una responsabilità graditissime Matteo Cattani di Corniglio, ha offerto a uno del mio circolo di andare a Roma alla Convenzione Nazionale, a una come me che non ha addentellati, non inserita in alcun sistema di rapporti.
Non possiamo accettare per fatti privati, ma questo è un segno piccolo e importante, di grande rinnovamento. Dimostra che tutti noi faremo bene e che in molti si ricrederanno, perché lo sfondamento prospettico, la consapevolezza di lavorare a una visione nuova ha la forza di trainare l’azione politica oltre i personalismi.
La politica è anche evitare di farsi fare le scarpe da chi ti è più vicino ma questo non ha più il potere di fermare chi ha appreso veramente la lezione renziana. Chi è in sintonia con il momento storico deve saperlo e deve capirlo.
Per questo gli aspetti programmatici diventano fondamentali perché condensano visioni.
Si sente ripetere che i programmi di Renzi e Orlando non differiscono poi molto ma divergono sul dualismo tra tasse e investimenti che è centrale, per esempio, perché individua il target sociale delle nostre politiche.
Leggiamo in questi giorni sul corriere la lettera di Casaleggio jr che spiega così la fortuna di 5 stelle nei sondaggi: forniscono un servizio migliore nel portare le istanze dei cittadini sia quando sono all’opposizione sia, tantopiù, quando sono al governo.
Quasi in contemporanea il problema di definire un programma concreto i 5 stelle lo risolvono con l’idea di creare consultazioni on line a colpo di click.
Sempre in questi stessi giorni mentre viene diffuso il video che ritrae un consigliere 5 stelle nell’atto di rubare due banconote da 50 euro da un armadietto, i grillini rispondono che loro a differenza del Pd appena uno dei loro viene inquisito lo espellono non come noi che "ci facciamo gli affari".
Viene da chiedersi: se i 5 stelle si faranno dettare il provvedimenti da attuare dalle consultazioni online e i loro politici dalle procure, chi si prenderà la responsabilità dei risultati nulli o negativi della loro azione politica?
Ecco responsabilità e linearità: il retaggio di Renzi torna in gioco come fattore identitario dirimente e ci chiama a un enorme sforzo di creazione e di visione.
Monica Montanari
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